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Banda ultralarga: una politica italiana bizzarra

Internet è l’anima di una nazione moderna. Internet è il cuore pulsante di un Paese proiettato nel futuro. L’informazione su Internet è il segno tangibile che c’è democrazia. Ora, il Governo Conte fa slittare di due anni l’impiego di 1,1 miliardi già stanziati per il Piano banda ultralarga. E si appresta a chiedere alla Commissione europea circa 6 miliardi nell’ambito del Recovery Plan. Lo dice la delibera Cipe numero 33 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 2 settembre: risorse del Fondo sviluppo e coesione 20214-2020 riprogrammate per essere utilizzate nel 2020. Motivo? A copertura di interventi per l’emergenza economica innescata dall’epidemia.

E gli 1,1 miliardi dove finiscono? Vanno stornati. Verranno restituiti al Piano nel 2022 (500 milioni), nel 2023 (400 milioni) e nel 2024 (200 milioni). Che bizzarria. La banda ultralarga serve come l’ossigeno a una nazione che ambisce ad avvicinarsi ai Paesi frugali del Nord Europa. E invece siamo a una politica italiana anomala, strana, insensata. È inoltre davvero un peccato: prima di parla di rilancio del Sud Italia, ma poi con Interne si fa flop. Misteri.

Si era rimasti ai 6 miliardi di Recovery Fund che il Governo Conte vorrebbe richiedere alla Commissione Ue proprio per rifinanziare e completare l’intero Piano banda ultralarga. Adesso la banda ultralarga slitta. È una china pericolosa: non ci sono riforme, arrivano 50 bonus a pioggia, il Superbonus è un Minibonus. E i soldi prestati per operazioni intelligenti finiscono altrove. 

Invece di utilizzare finanziamenti creati dall’Europa per l’emergenza sanitaria Covid col Mes, utilizzano i finanziamenti per la banda ultra larga fondamentale per lo sviluppo del paese. Magari gli italiani (che per ora non votano) non possono dire la loro. Ma l’Ue e i Paesi frugali si faranno sentire, eccome. Trattasi di rapporto di potere. Finanziario, politico. Se la nostra classe politica non si rivela all’altezza, in Europa fiutano tutto e subito.