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Accesso agli atti: quando la PA può negare il diritto

Il diritto di accesso e verifica generalizzata del servizio della Pubblica Amministrazione finiscono spesso per confondersi, ma è altresì vero che in parecchie occasioni l’amministrazione nega al lavoratore la possibilità di venire a conoscenza di dati atti necessari per la salvaguardia dei propri diritti, accampando scuse generiche. A tal proposito, la sentenza n. 03453/2018 REG.PROV.COLL. interviene su tali aspetti. 

Il fatto

donna guarda con la lente d'ingrandimento il pc

Attraverso il proprio avvocato, la ricorrente asseriva di aver inoltrato istanza formale per consultare una serie di atti a tutela del suo onore e della sua dignità a norma del decreto FOIA (Freedom of Information Act). La presentante ricorso lamentava l’illegittimità del rifiuto di accesso ai documenti amministrativi di suo interesse e, di conseguenza, ne domandava l’annullamento.

Ebbene, stando a quanto recita il pronunciamento, la richiesta di accesso agli atti del ricorrente è stata presentata legittimamente e quindi la risposta dell’amministrazione doveva tenerne conto. Difatti, la nuova normativa non elimina né rende privo di portata pratica l’accesso procedimentale o documentale, azionabile esclusivamente da chi abbia un interesse concreto, diretto e attuale, corrispondente ad una situazione tutelata giuridicamente e correlata al documento di cui si è chiesto l’accesso, non permettendo la proposizione di istanze preordinate al generalizzato controllo dell’operato delle PA.

La normativa

giudice martello

Il decreto legislativo numero 97 del 2016 ha compiuto un’estensione rilevante dei confini della trasparenza, intesa al giorno d’oggi come totale accessibilità dei documenti e dei dati in possesso dalle PA, al fine di salvaguardare i diritti dei cittadini, e promuovere forme di monitoraggio sull’impiego delle risorse pubbliche e sull’assolvimento alle funzioni istituzionali, favorire la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa. In questo contesto rinnovato, l’ampio diritto alla trasparenza e all’informazione dell’operato delle PA resta solamente temperato dal bisogno di assicurare le esigenze di segretezza, riservatezza e tutela di determinati interessi privati e pubblici, che diventano l’eccezione alla regola. La limitazione, il differimento e il rifiuto dell’accesso devono essere motivati con precisione. 

Nelle circostanze attinenti alla tutela di interessi privati, l’amministrazione non potrà respingere la domanda senza fornire un’adeguata giustificazione (diversamente dai segreti di Stato e da altri casi individuati dal legislatore) ma avrà l’onere di  compiere un passaggio motivazione aggiuntivo, al fine di accertare se l’esplicitazione rischia di arrecare un concreto pregiudizio ai medesimi interessi, che sono rilevanti ma pur sempre di natura privata. Nel caso di specie, il Collegio ha così accolto il ricorso, annullando il provvedimento impugnato e ordinando all’amministrazione di autorizzare – previa notifica al controinteressato – l’accesso al ricorrente.