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Affitti 2021: come pagare meno tasse. Segui queste istruzioni

Cos’è la cedolare secca, quali meccanismi la regolano e quando risulta conveniente? In questa guida ci occuperemo proprio di ciò, andando ad analizzare nello specifico la tassazione agevolata del 10 e del 21 per cento. Iniziamo dai fondamenti. La cedolare secca è il regime sostitutivo di tassazione sui redditi da locazione, introdotto allo scopo di contrastare il fenomeno di evasione fiscale sugli immobili dati in affitto.

Con il nuovo anno, a partire già dal primo gennaio del 2021, la Legge di Bilancio dispone rilevanti novità, inerenti alla cedolare secca sugli affitti brevi. La Manovra mira espressamente a limitare i casi di applicazione della tassazione agevolata del 21 per cento sugli affitti di durata breve. 

Secondo quelle che sono le novità stabilite dal testo attualmente in discussione alla Camera, sarà possibile ricorrere alla cedolare secca per un numero massimo di 4 appartamenti; una volta superati, scatterà la presunzione di attività imprenditoriale e l’assoggettamento del reddito ad IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche). Una introduzione di notevole significato, che muta i concetti cardine relativi alla cedolare secca nel 2021.

Con il prossimo anno cambiano, a loro volta, le modalità di versamento dell’imposta sostitutiva: l’acconto, fino al 2020 pari al 95 per cento, salirà al 100 per cento dell’imposta corrispondente per il precedente anno. Restano invece invariate le direttive generali per l’applicazione sui contratti a canone concordato della cedolare secca del 10 per cento, così come sugli affitti a canone libero della cedolare secca del 20 per cento. Analizziamo perciò di seguito in che consiste e quali meccanismi regolamentano la cedolare secca sugli affitti 2021, con una guida completa di istruzioni e regole per calcolare la tassa piatta sui contratti di affitto. 

Cedolare secca: cos’è e come funziona?

cedolare secca con chiavi di casa

Spieghiamo ora in modo più accurato e puntiglioso il termine di nostro interesse. La cedolare secca consiste nel regime agevolato di tassazione dei redditi dipesi dall’affitto di immobili a scopo abitativo. Essa viene applicata pure sui contratti commerciali siglati entro il 31 dicembre 2019.  

Passiamo in rassegna le indicazioni generali utili per capire di cosa di tratta e come funziona la cedolare secca sugli affitti nel 2021. Le regole che disciplinano la cedolare secca sugli affitti sono contenute nel D. Lgs. n. 23 del 14 marzo 2011 e successive modifiche, che ha introdotto il regime di tassazione sostitutivo dell’IRPEF sul reddito fondiario, conseguente alla locazione degli immobili. Oltre a sostituire l’IRPEF, con la cedolare secca non tocca pagare le imposte di bollo, le imposte di registro e le addizionali. 

Le aliquote della cedolare secca sono due:

  • tassazione ridotta del 10 per cento per i contratti d’affitto a canone concordato;
  • tassazione del 21 per cento sui contratti d’affitto a canone libero di immobili locati a fini abitativi. Solamente entro la fine del 2019 era consentito l’accesso pure per le finalità commerciali. 

La tassazione a cedolare secca non è applicata in via automatica, bensì è subordinata all’esercizio di un’opzione, da effettuarsi con modello RLI, in sede di registrazione del contratto. Anche negli anni seguenti, ossia in sede di proroga del contratto, si può adottare il passaggio dall’IRPEF alla cedolare secca del 10 o del 21 per cento. Indaghiamo allora più a fondo sulle regole sancite per la cedolare secca del 10 o del 21 per cento. 

Funzionamento, requisiti e calcolo

A differenza dell’aliquota super agevolata per 10 per cento, per quella del 21 per cento i requisiti stabiliti per trarne godimento sono decisamente meno stringenti. Ecco perché la cedolare secca del 21 per cento è, senza ombra di dubbio, quella a cui i contribuenti che concedono un immobile in locazione ricorrono più di frequente. 

Andiamo perciò a vedere in che maniera funziona la cedolare secca del 21 per cento e forniamo, ai fini di una comprensione maggiore, un esempio di calcolo, affinché emergano nitidamente le modifiche attuate in confronto alla tassazione IRPEF ordinaria. La prima domanda, piuttosto scontata, è: quali soggetti hanno la facoltà di applicare la cedolare secca del 21 per cento? Le persone fisiche titolari del diritto di godimento o di proprietà di un immobile, purché al di fuori dell’esercizio di arti, professioni o attività d’impresa. 

Il regime agevolato di contribuzione si dispone per le unità immobiliari rientranti nelle categorie catastali da A1 ad A11 affittate a scopo abitativo e per le relative pertinenze. Qualora sussista la contitolarità dell’immobile, ciascun locatore ha l’onere di esercitare singolarmente l’opzione. Laddove la scelta di regime impositivo ricada sulla tassazione a cedolare secca del 21 per cento, all’atto di registrazione del contratto non occorre corrispondere né le addizionali IRPEF né le imposte di bollo e registro.

In pratica, la tassazione del 21 per cento, misurata sull’ammontare complessivo del reddito fondiario percepito nel corso dell’anno dal contribuente, sostituisce ciascuna delle altre imposte associate all’affitto, sia per il proprietario che per l’inquilino. Insomma, è chiara la convenienza della cedolare secca in confronto alla tassazione IRPEF, malgrado – come approfondiremo meglio in seguito – occorrerà esaminare il singolo caso quando, paradossalmente, l’aliquota del 21 per cento è meno vantaggiosa dell’IRPEF dal 23 al 43 per cento. 

A questo punto, riteniamo sia utile fornire un esempio di calcolo della tassazione con cedolare secca. Ipotizziamo di avere un immobile dato in affitto con 10 mila euro da versare come canone annuo: applicando l’aliquota del 21 per cento, le imposte complessivamente dovute saranno pari a 2.100 euro. 

Supponendo che, al contrario, il contribuente preferisce rimanere nel regime IRPEF, sulla sola quota di reddito da locazione l’imposta da riconoscere ammonterebbe a 2.300 euro, senza peraltro includere le addizionali e le imposte da pagare mentre si registra il contratto. 

In aggiunta, va sottolineato che, con la tassazione IRPEF, è fondamentale sommare ciascuno dei redditi percepiti dal contribuente nell’anno. Di conseguenza, l’aliquota del regime impositivo è condizionata pure dalle altre somme dichiarate (tipo i redditi da lavoro dipendente). 

Da tale presupposto se ne conviene che la cedolare secca è vantaggiosa soprattutto per i contribuenti con redditi elevati. Comunque interrompiamo momentaneamente qui la disamina, che porremo in analisi nel prosieguo. 

Quando si applica la cedolare secca del 10 per cento

Le condizioni per dare applicazione alla cedolare secca si fanno più stringenti per applicare il regime super regolato del 10 per cento. È concessa esclusivamente ai contratti a canone concordato: 

  • ai contratti d’affitto a studenti universitari;
  • agli affitti transitori disciplinati dalla legge numero 431 del 1998;
  • nei Comuni in cui vi sono state calamità naturali;
  • in Comuni densamente popolati o con mancanza di soluzioni abitative. 

Allora, la peculiarità che contraddistingue la cedolare secca del 10 per cento è pertanto applicata unicamente ai contratti a canone concordati, ovvero che non vadano oltre un limite determinato in relazione all’importo dell’affitto mensile. 

Per i contratti a canone concordato, è necessario, per parti contrattuali, farsi seguire dalle organizzazioni dei conduttori e dalle proprietà edilizia firmatarie dell’Accordo Territoriale, per avvalersi del trattamento fiscale favorevole. 

Stando alla normativa contenuta nell’art. 1, co. 8 del decreto del 16 gennaio 2017 del ministero dell’Economia e delle Finanze e del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, per i contratti non assistiti è richiesto il rilascio di apposita certificazione delle organizzazioni sottoscriventi l’intesa, in modo da accertare l’osservazione dei requisiti statuiti per l’applicazione del favorevole trattamento fiscale. 

L’Agenzia delle Entrate ha fornito dei chiarimenti in merito: l’attestazione per i contratti a canone accordato non assistiti è obbligatoria e serve per attestare la rispondenza all’Accordo Territoriale del contratto di locazione, sia da un punto di vista normativo sia da quello economico.   

Novità in Legge di Bilancio 2021

A partire dal primo gennaio 2021 cambiano le regole attinenti alla cedolare secca sulle locazioni di breve termine. La novità non è ancora da considerarsi definitiva, poiché figura nelle misure della Legge di Bilancio 2021, sulle quali la Camera è ancora impegnata con le discussioni. Tuttavia, laddove trovi approvazione, sarebbe una novità dal peso non indifferente, e ci pare opportuno vedere cosa cambierebbe in dettaglio.

Il regime fiscale degli immobili affittati per breve periodo si applicherebbe, per periodo d’imposta, solo a un numero massimo di quattro appartamenti. Se la soglia venisse superata, si passerebbe alla tassazione IRPEF ordinaria, e l’attività di locazione, esercitata da chiunque, sarebbe ritenuta svolta in forma imprenditoriale, con tutto ciò che ne consegue. 

Le novità contenute nel disegno della Legge di Bilancio 2021 sono quelle appena illustrate, e la modifica è significativa. È sufficiente pensare che l’Amministrazione finanziaria ha recentemente chiarito come, ai fini del corretto inquadramento fiscale, il numero di immobili non è rilevante. Proprio su tale questione, la Legge di Bilancio del 2021, nel rispetto della concorrenza, punta a porre maggior paletti sull’applicazione della cedolare secca del 21 per cento.

A evolvere sono le norme statuite dal decreto numero 50 del 2017, con il quale la cedolare secca è stata estesa anche agli affitti brevi. Cosa accadrà qualora si concedessero più di quattro appartamenti in locazione breve? Non solamente si passerebbe alla tassazione ordinaria IRPEF, ma scatterebbe pure la presunzione di attività imprenditoriale. Di fatto, chiunque concedesse in affitto più di quattro appartamenti per un periodo breve sarebbe obbligato a dotarsi di partita IVA. 

Le limitazioni sugli affitti brevi della cedolare secca saranno applicate pure ai contratti sottoscritti mediante intermediari, oppure mediante piattaforma telematica che mette in contatto persone che dispongono di appartamenti da concedere in locazione e persone in cerca di un immobile.  

Come esercitare l’opzione della cedolare secca

Dopo aver esaminato il regolamento tecnico e fornito una panoramica sulle ultime novità, esaminiamo ora l’iter operativo per fruire dell’opzione della cedolare secca. L’adesione a tale regime fiscale, con aliquota agevolata, può essere compiuta all’atto di registrazione del contratto o nei successivi anni. Alla registrazione della contratto l’opzione deve essere esercitata con il modello RLI impiegato per la registrazione del contratto d’affitto. Nelle annualità successive l’opzione di rinnovo va esercitata entro 30 giorni dalla scadenza della precedente annualità, sempre avvalendosi del modello RLI. 

Nella medesima maniera, in sede di proroga, anche tacita, è possibile scegliere la cedolare del contratto di affitto, purché entro 30 giorni di distanza dal momento dell’estensione dell’accordo. Per i contratti per cui non sussiste obbligo di registrazione in termine fisso (affitti brevi, di complessiva durata nell’anno pari o inferiore a 30 giorni), il locatore ha la facoltà di applicare direttamente la cedolare secca nella dichiarazione dei redditi, inerente al periodo di imposizione tributaria nel quale il reddito è generato, oppure sfruttare l’opzione in sede di registrazione volontaria del contratto o di registrazione in caso d’uso. 

Coloro che intendono beneficiare della cedolare secca hanno l’onere di darne preventiva comunicazione all’inquilino con lettera raccomandata. Con la comunicazione il locatore rinuncia alla possibilità di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se nel contratto era previsto, incluso quello per adeguamento ISTAT. 

Se il contratto prevede già la rinuncia all’adeguamento del canone di locazione, l’invio all’inquilino della raccomandata non è obbligatorio. 

Non è necessario inviare alcuna comunicazione al conduttore per i contratti in cui è espressamente indicata la rinuncia, a titolo qualsiasi, all’aggiornamento del canone e per quelli di durata globalmente inferiore a 30 giorni (per cui non vige l’obbligo di registrazione).

Notifica risoluzione contratto o proroga 

contratto a cui apporre una firma

Con il decreto legge numero 193 del 2016 è disposto che, qualora il contribuente abbia mantenuto un comportamento coerente, non decade dalla tassazione agevolata in caso di mancata notifica sulla proroga del contratto di locazione. 

Per la cedolare secca un comportamento coerente è dato due fattori: 

  • versamento dell’imposta;
  • redditi da locazione a cedolare secca, indicata in sede di dichiarazione dei redditi. 

Se la comunicazione è tardiva od omessa, per la permanenza nel regime a cedolare secca toccherà pagare una multa di 100 euro, dimezzata a 50 euro nel caso in cui, entro 30 giorni dall’evento, la comunicazione sia inoltrata all’Agenzia delle Entrate. Anche in caso di mancata presentazione della comunicazione attinente alla risoluzione del contratto a cedolare secca si applica la sanzione di 100 euro (con la riduzione a 50). 

Quando e come pagare acconto e saldo della cedolare secca

Il locatore che stabilisce di aderire nel 2021 al regime tributario con aliquota sostitutiva a cedolare secca non dovrà versare, all’atto di registrazione del contratto, imposta di bollo e imposta di registro. 

Le imposte riferite al reddito conseguente dalla concessione dell’immobile in locazione devono essere versate nelle modalità e nelle tempistiche previste per l’IRPEF, vale a dire in acconto e saldo, eccetto che per il primo in cui l’acconto non è da corrispondere poiché la base imponibile di riferimento manca, ovverosia l’imposta sostitutiva dovuta per l’anno antecedente.  

Una novità rilevante entra in vigore nel 2021, sulle modalità di versamento della cedolare secca. L’acconto da sborsare, e da conteggiare in relazione all’imposta versata nell’anno precedente, sarà pari al 100 per cento, e non più al 95 per cento. 

L’acconto dovuto deve essere pagato:

  • in due rate, se l’importo è superiore a 257,52 euro: la prima, del 40 per cento, entro il 30 giugno; la seconda, del restante 60 per cento, entro il 30 novembre
  • in un’unica soluzione, se l’importo è inferiore a 257,52 euro, entro il 30 novembre. 

Il saldo deve essere versato entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello preso in esame. Per il pagamento della cedolare secca con modello F24, vanno indicati i seguenti codici tributo: 

  • Acconto prima rata – Cedolare secca locazioni: 1840;
  • Acconto seconda rata o unica soluzione – Cedolare secca locazioni: 1841
  • Saldo – Cedolare secca locazioni: 1842

Convenienza e differenze con tassazione IRPEF

Modello F24 IRPEF

Dopo aver riportato ciascuna delle istruzioni fondamentali per applicare sugli affitti nel 2021 la cedolare secca, entriamo nel merito di una questione che preme a molti proprietari di immobili: la tassazione sostitutiva del 10 o del 21 per cento conviene rispetto all’IRPEF? Per comprenderlo occorre partire da alcuni concetti essenziali. Il reddito da locazione con il regime a cedolare secca prevede l’osservazione delle regole che seguono:

  • è escluso dal reddito complessivo;
  • il reddito soggetto a cedolare va incluso nel reddito ai fini della determinazione di detrazioni, deduzioni o benefici o del riconoscimento della spettanza di qualsivoglia titolo attribuiti al rispetto di requisiti reddituali (determinazione del reddito per essere ritenuto a carico, determinazione dell’ISEE);
  • non possono essere fatti valere detrazioni od oneri deducibili sulla cedolare stessa e sul reddito assoggettato a cedolare. 

Lo spiegavamo in apertura: il calcolo di convenienza andrà fatto a seconda del singolo caso, soprattutto per la cedolare secca del 21 per cento. Per quanto riguarda la cedolare secca del 10 per cento la convenienza è piuttosto palese, sebbene ci siano dei requisiti specifici per poterne fruire. Con riferimento alla cedolare secca del 21 per cento il discorso tende a complicarsi. 

Ad ogni modo, per eseguire una valutazione oggettiva e corretta è fondamentale avviare l’analisi dal reddito di partenza del contribuente. Difatti, è bene ricordare che le imposte non sono dovute sotto ad una determinata soglia, fissata a 8.125 euro. Quindi, in tal caso vale la pena sottostare al regime di tassazione IRPEF, poiché l’adesione alla cedolare secca non prevede delle soglie di esenzione fiscale e, in qualsiasi caso, il versamento della tassa sarà dovuto.  

Alla luce del ragionamento appena fatto, la cedolare conviene maggiormente ai contribuenti con redditi alti che, anziché rischiare di passare ad un superiore scaglione IRPEF (e pertanto applicare sul reddito complessivo un’aliquota più elevata) cumulando ai redditi da lavoro il reddito fondiario, hanno la possibilità di tassare con un’aliquota fissa la somma derivante dall’affitto. 

Anche qui c’è un però: sul reddito assoggettato a cedolare e sulla stessa cedolare non possono essere fatti valere né detrazioni né oneri deducibili. Preso atto di questo, sarà allora il caso di valutare il totale delle somme che si intende portare in deduzione o detrazione fiscale, cosicché – per effetto della tassazione con cedolare secca – non ci sia abbastanza capienza IRPEF per beneficiarne.