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Pensione di reversibilità

Pensione di reversibilità: quando è riconosciuta con quella di vecchiaia

La pensione di reversibilità, erogata ai familiari superstiti del pensionato, non influenza in minima parte sull’eventuale pensione di vecchiaia. Se su questo c’è poco o nulla da obiettare, per quanto riguarda il discorso inverso la questione si fa un po’ più nebulosa. Laddove l’importo della pensione di vecchiaia sia troppo alto essa rischia di condurre ad un decremento della quota riconosciuta della pensione di reversibilità. 

Affinché sia corrisposta la pensione di vecchiaia, il soggetto richiedente deve aver maturato almeno vent’anni di contributi; mentre, solo in rarissimi casi, è consentito l’accesso con 15 o appena 5 anni di contributi. 

Pensione di reversibilità: i casi possibili

Se il versamento nelle casse previdenziali è stato interamente versato entro il 31 dicembre 1991 e i 15 anni di contributi sono stati raggiunti, chi inoltra la domanda potrebbe accedere alla pensione di vecchiaia in virtù della prima deroga Amato. 

Qualora, pur avendo versato il primo contributo almeno 25 anni prima della domanda di pensione, il lavoratore abbia maturato almeno 15 anni di contributi, 10 dei quali senza raggiungere le famose 52 settimane di contribuzione minima, potrebbe rientrare negli estremi per avvalersi della pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi in virtù della seconda deroga Amato. 

Se si ha ricevuto l’approvazione al versamento dei contributi volontari entro il 31 dicembre 1992 il richiedente potrebbe beneficiare della pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi in virtù della terza deroga Amato. 

Il limite massimo di reddito

Infine, se non ci sono le condizioni per godere della pensione di vecchiaia, avendo la pensione di reversibilità che permette di avere un reddito cospicuo, la pensione sociale è negata poiché quest’ultima impone come reddito annuo, per chi non risulta coniugato, un importo pari o inferiore a 5.284 euro l’anno 

Ad ogni modo, la questione non è di facile decodifica. Ecco perché il consiglio è di contattare un CAF o un patronato, in possesso delle competenze idonee a dipanare i dubbi.