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Scontro fra commercialisti e Governo Conte: sciopero

Dalla mezzanotte del prossimo 14 settembre fino alla stessa ora del 22 settembre, commercialisti in sciopero. Nel mirino, il Governo Conte. Lo annunciano le nove sigle sindacali Adc, Aidc, Anc, Andoc, Fiddoc, Unagraco, Ungdcec, Unico e Sic. Ci sarà l’astensione per otto giorni della presentazione delle liquidazioni periodiche Iva (Lipe). 

I motivi? La mancata proroga delle scadenze fiscali. Più una sistematica e formale consultazione preventiva della categoria dei dottori commercialisti. Dove? Nell’iter di formulazione delle norme e procedure di competenza. Si mira a una concreta semplificazione e riduzione degli adempimenti tributari. Con riformulazione del calendario fiscale.

I commercialisti vogliono anche una rigida osservanza delle disposizioni dello Statuto del Contribuente. La cui costante disapplicazione viola gravemente i diritti dei cittadini. Serve pure l’inclusione dei professionisti tra i soggetti beneficiari del contributo a fondo perduto. E a ogni incentivo, bando o agevolazione emanata per le imprese. Secondo gli scioperanti, si hanno le reiterate lesioni delle prerogative professionali degli iscritti all’ordine dei dottori commercialisti. Con danno all’attività svolta dagli stessi a favore dei contribuenti. E del tessuto imprenditoriale del Paese. Nonché un clima di profonda frattura che si è instaurato tra il Governo e i professionisti. Il fatto è che dal 1999 i commercialisti sono i destinatari e di fatto gli attuatori di ogni innovazione digitale di questo Paese.

Le prestazioni sono spesso richieste e svolte gratuitamente. Passano dai professionisti le più grandi mole di big data, raccolti, elaborati e trasmessi, permettendo allo Stato di fregiarsene e rivenderli come un proprio successo. Insomma, un super lavoro che non viene riconosciuto a livello economico. I politici passano all’incasso senza colpo ferire.  Per il presidente dei commercialisti italiani, Massimo Miani, lo sciopero è un esito inevitabile di fronte all’incredibile e ostinata volontà da parte dell’Esecutivo di ignorare tutte le richieste di dialogo.