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Blocco licenziamenti fino al 2021: ma poi cosa accadrà?

Fumata bianca a Palazzo Chigi dove, in un incontro sul lavoro che ha coinvolto Confindustria e sindacati, si è giunti ad un accordo, in virtù del quale il blocco licenziamenti sarà prorogato fino al 31 marzo 2021. 

Invece, la cassa integrazione Covid sarà gratuita per tutte le aziende facenti richiesta, con uno stanziamento di 2 miliardi di euro fino alla fine dell’anno e di ulteriori 4 miliardi di euro per il primo trimestre del prossimo. Dopodiché, però, cosa accadrà?

Blocco licenziamenti fino al 31 marzo 2021 e poi?

Sindacati, Confindustria e Governo paiono aver trovato la quadratura del cerchio con le nuove misure a sostegno dei lavoratori, con l’esecutivo che ha accolto la richiesta di Cgil, Cisl e Uil di prorogare, nella Legge di Bilancio 2021, dodici settimane di CIG Covid ed il blocco dei licenziamenti conseguente.

In una situazione complessa nella quale ci siamo venuti a trovare – ha dichiarato il premier Giuseppe Conte a tal proposito – le istituzioni ritengono di dover fare un ulteriore sforzo finanziario e trasmettere un messaggio di sicurezza e certezza all’intero mondo lavorativo. La CIG verrà prorogata per ulteriori 18 settimane (6+12); mentre lo stop ai licenziamenti sarà esteso di due mesi, rispetto alla scadenza del 31 gennaio 2021, in precedenza fissata con il decreto Ristori. 

Le parti sociali sono soddisfatte, a differenza della principale organizzazione rappresentativa delle imprese manifatturiere italiane e dei servizi. Secondo quest’ultima la proroga dei blochi licenziamento è giustificata solo se l’accesso non prevede alcuna contribuzione a carico delle imprese che usufruiscono della cassa Covid. 

Eccezioni

Il blocco dei licenziamenti contenuto nel decreto Ristori contempla tutta una serie di eccezioni:

  • licenziamenti provocati dalla cessazione definitiva dell’attività, derivanti dalla messa in liquidità della società senza continuazione dell’attività, anche parziale;
  • liquidazione senza cessione di un complesso di attività o beni configurabili in un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art. 112 c.c.;
  • nelle circostanze di accordo collettivo aziendale, sottoscritto dai sindacati nazionali più influenti, di stimolo alla risoluzione del rapporto professionale, limitatamente a coloro che aderiscono al suddetto accordo;
  • intimati licenziamenti in caso di fallimento, laddove non sia previsto il provvisorio esercizio dell’impresa, ovvero ne sia stabilita la cessazione. Se l’esercizio provvisorio è statuito esclusivamente per un ramo specifico della società non figurano nel divieto i licenziamenti riguardi i settori non compresi nel ramo stesso. 

E dopo il 31 marzo 2021? Prevedere cosa accadrà è al momento difficile, in quanto le misure in merito vanno decise di volta in volta sulla base dell’andamento economico ed epidemiologico. Lo hanno confermato le istituzioni in dichiarazioni rilasciate alla stampa. Certamente le misure a sostegno del mondo del lavoro e degli attori ivi operanti non potranno avere durata infinita. D’altro canto è pur vero che una frettolosa strategia di uscita rischierebbe di condannare l’Italia intera, il cui sistema si regge pure sui consumi.