CCSNews
Bonus prima casa

Bonus prima casa: è concesso se lo studio si trova altrove?

Il bonus prima casa sugli immobili abitativi non considerati di lusso è attribuito purché l’acquirente vi abbia residenza oppure la trasferisca, entro 18 mesi, nel Comune presso cui è sito l’immobile acquistato oppure dove svolga la propria attività lavorativa.

Se il contribuente è un professionista, l’agevolazione non viene riconosciuta laddove non abbia la propria residenza o il suo studio legale nel Comune interessato. Non importa se la sua attività è esercitabile lungo l’intero territorio nazionale, contando la sede fisica dello studio legale. Lo ha sancito la Corte di Cassazione attraverso l’Ordinanza n. 24542 del 2020.  

L’istante è un avvocato, deciso a ricorrere in Cassazione per la sentenza della CTR che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate in una controversia relativa all’impugnazione di un avviso di accertamento e versamento della maggiore imposta. 

Bonus prima casa: il pronunciamento della Corte di Cassazione sull’aliquota agevolata del 4 per cento

Con l’atto de qua l’autorità aveva revocato l’aliquota agevolata del 4 per cento, concessa con riferimento all’acquisto di un immobile, con irrogazione di una maggiore IVA, oltre agli interessi di mora e alle sanzioni in quanto, entro il termine dei 18 mesi, il contribuente non vi aveva trasferito né la residenza né lo studio legale. 

Per quanto è di sua pertinenza il ricorrente aveva lamentato violazione e falsa applicazione dell’art. 1, nota II bis c.1, lett. 1, d.P.R. n. 131 del 1866, degli articoli 4 ss. del R.D.L. n. 1578 del 1933 perché la CTR avrebbe commesso un errore nel presumere che sussistesse l’obbligo di trasferimento del proprio studio professionale presso il Comune ove l’immobile era situato. 

I giudici di legittimità hanno respinto il ricorso, ritenendo infondato il motivo. Il citato art. 1 del d.P.R. n. 131 del 1986 stabilisce che agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case non di lusso, ai fini dell’applicazione dell’aliquota agevolata, occorre che l’immobile sia dislocato nel territorio del Comune presso cui l’acquirente ha o stabilisca, entro un termine di 18 mesi dall’acquisto, la sua residenza o, se diverso, in quello dove l’acquirente eserciti la propria attività.

Il Fisco ha disconosciuto l’agevolazione del bonus prima casa, vale a dire l’aliquota agevolata, per insussistenza dei requisiti soggettivi. Difatti, la parte interessata aveva la rispettiva residenza e studio legale in un altro Comune. Non è valsa a nulla la rivelazione che il suo ambito territoriale di competenza coinciderebbe con tutto il territorio nazionale, come invece la controparte aveva dedotto. 

Tesi respinta

La Corte di Cassazione ha respinto nettamente tale tesi, rammentando che l’agevolazione in commento sia da interpretare in senso restrittivo. Di conseguenza, è riconoscibile all’acquirente esclusivamente qualora risieda o svolga la propria professione nel territorio del Comune in questione. 

Oltretutto, non occorre che l’attività sia svolta in via prevalente o esclusiva nel luogo in cui l’immobile è ubicato. Ma l’esercizio deve essere, senza ombra di dubbio, effettivo, mirando il detto incentivo a favorire l’acquisto di diritti reali su case per persone che non ne abbiano nelle località in cui lavorano o vivono. 

Ciò deriva dall’orientamento giurisprudenziale, secondo cui, in tema di beneficio fiscale relativo all’acquisto della prima abitazione, al momento della registrazione dell’atto di acquisto, il contribuente, a pena di decadenza, abbia, alternativamente, il compito di invocare il criterio della residenza o quello della sede effettiva di lavoro, dovendosi valutare, nel primo caso, la spettanza del beneficio in base a quanto emerge dalle certificazioni anagrafiche e, nel secondo, alla stregua della sede effettiva di lavoro.

Ecco quindi che perde il diritto all’agevolazione il contribuente che, nell’atto notarile, non abbia indicato di voler usufruire dell’immobile in luogo lavorativo diverso dal Comune di residenza, non consentendo, fra l’altro, all’Agenzia delle Entrate di poter poi accertare il rispetto dei requisiti chiave per il beneficio riconosciuto a titolo provvisorio. 

Non spetta nessuna agevolazione

Pertanto, nel caso di specie non spetta nessuna agevolazione, avendo il professionista chiarito di non risiedere e di non avere uno studio nel Comune e di non aver manco reso nell’atto di acquisto le dichiarazioni di cui sopra. 

Con l’Ordinanza n. 10072 del 2019, la Cassazione aveva già fornito un’interpretazione conforme, asserendo che il bonus prima casa spetta unicamente a chi riesca a dimostrare, in base ai dati anagrafici, di risiedere o lavorare nel Comune presso cui ha comprato l’abitazione; senza che, a tal proposito, fosse possibile rilevare la residenza di fatto o altre situazioni contrastanti con le rilevazioni emerse dagli atti dello stato civile.