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lente di ingrandimento banconote

Non dichiarando questi conti potresti rischiare pesanti sanzioni

Se aprire un conto corrente in un altro Paese dell’Unione Europea è una scelta totalmente legittima, ben più complesso è aprire un rapporto bancario al di fuori dell’UE. Soprattutto se lo Stato è ritenuto un paradiso fiscale o è nella black-list istituto con il Decreto Ministeriale del 23 gennaio 2002. L’Agenzia delle Entrate controlla accuratamente i flussi di denaro dei cittadini italiani in tali Nazioni, poiché spesso celano attività illecite. Pertanto se eviti di dichiarare questi conti correnti rischi di incorrere in pesanti sanzioni, fino al 30% delle giacenze sospette. 

I conti da dichiarare all’Agenzia delle Entrate

Il Fisco conta all’attivo una mole rilevante di dati inerenti ai capitali posseduti dai cittadini italiani all’estero. Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 prevede che indichino i relativi rapporti bancari intrattenuti all’estero. Per rispettare la normativa basterà indicare, nella dichiarazione dei redditi, le giacenze estere (quadro RW). La legge n. 50 del 2014 – lo ricordiamo – limita l’obbligo ai rapporti che hanno conseguito il valore di 15 mila euro. Già dal giorno seguente il superamento della soglia, è autorizzato il provvedimento. Di conseguenza, è importante verificare attentamente l’estratto conto. Se, anche per un solo giorno, non rendi noto i conti correnti sei passibile di sanzione amministrativa da parte delle autorità. 

IVAFE: cos’è e quando scatta

Il contribuente ha l’obbligo di compilare il quadro RW della propria dichiarazione dei redditi pure in un’altra circostanza. Se il saldo medio del conto corrente estero oltrepassa i 5 mila euro scatta cioè l’IVAFE. È una misura identica a quanto disposto per i conti italiani. Gli istituti bancari hanno il compito di calcolare la giacenza media annua dei correntisti. Al superamento di un saldo di 5 mila euro applicheranno un’imposta di bollo di 34,20 euro. La dichiarazione omessa è disciplinata dalla legge n. 97 del 2013. Le multe vanno da un minimo del 3% a un massimo del 30% di quanto non comunicato, in base al Paese dove il contribuente commette l’infrazione.