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In pensione con 10 anni di anticipo, a 57 invece che 67. Ecco chi può

In pensione con 10 anni di anticipo? Si può fare! L’età pensionabile passa da 67 a 57 anni, purché, ovviamente, siano rispettate alcune condizioni. Delle categorie protette ci occuperemo nei seguenti paragrafi, andando a vedere quali requisiti danno modo di sfruttare un maxi-scivolo. E prendere, fra l’altro, in esame le diverse categorie di lavoratori invalidi, per cui la legislazione stabilisce l’azzeramento della soglia anagrafica. Con un anticipo decisamente allettante sulla soglia della pensione di vecchiaia

La pensione 10 anni prima non è un’utopia

La pensione anticipata di un decennio sembra un’utopia, un sogno mai destinato a realizzarsi. Specialmente se si considera che la pensione di vecchiaia ordinaria è richiedibile dai lavoratori fino alla data del 31 dicembre 2022, con il raggiungimento dei 67 anni di età anagrafica e 20 di anzianità contributiva. A maggior ragione se, facendo un salto indietro con la memoria, scorgiamo la netta differenza con la pensione di anzianità all’epoca in vigore prima della contestatissima riforma Fornero. Quando i requisiti per l’accesso al pensionamento si attestavano su 35 anni di anzianità contributiva e minimo 57 anni di età. Eppure, è tutto vero, almeno per una certa schiera di lavoratori, che può beneficiare di un’uscita flessibile agevolata, con requisiti e criteri differenti se rapportati alla normativa comune. 

Ci soffermeremo sui prestatori di servizio a cui non necessariamente tocca attendere l’età pensionabile per andare in pensione. Della pensione anticipata concessa a varie categorie di invalidi, ragion per cui la normativa previdenziale comporta l’azzeramento della soglia anagrafica; con un anticipo particolarmente favorevole sulla soglia della pensione di vecchiaia. Ma non tralasceremo nemmeno i lavoratori che hanno modo di andare a 57 anni di età in pensione, sfruttando un maxi-scivolo. 

Pensione di invalidità civile

Il riconoscimento dell’invalidità civile dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS) con l’attribuzione di una percentuale conduce a beneficiare di parecchi trattamenti assistenziali, come appunto la pensione per gli inabili al lavoro o l’assegno per chi è parzialmente invalido. Per trarre beneficio dei trattamenti previdenziali non vi sono stringenti requisiti da un punto di vista anagrafico, anzi sono nulli. Si spiega così il fatto che i soggetti affetti da disabilità abbiano modo di anticipare di almeno dieci anni la pensione, andando ben oltre alle direttive attuali. 

Tra i trattamenti previdenziali che possono essere riconosciuti alle persone con handicap senza nessun vincolo relativo al requisito anagrafico, segnaliamo:

  • l’assegno ordinario di invalidità. La misura si rivolge a chi, con il conseguimento della minima soglia contributiva pari a 5 anni, di cui 3 dell’ultimo quinquennio, ha una riduzione della capacità lavorativa del 67 per cento (due terzi). Il calcolo è successivo a quello dell’assegno pensionistico ed è possibile integrarlo ai redditi da lavoro, purché certe soglie vengano rispettate. Con il conseguimento dell’età pensionabile è possibile trasformare la misura in pensione di vecchiaia;
  • la pensione di inabilità viene erogata dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS) previa apposita domanda. Insomma, è una prestazione economica diretta a sostenere i dipendenti con una acclarata incapacità lavorativa (permanente e assoluta). I minimi requisiti contributivi sono fissati a cinque anni, di cui 3 degli ultimi 5. L’assegno funge da personale assistenza, perciò non è corrisposto nel caso in cui non sopraggiunga un ricovero (a carico del Sistema Sanitario Nazionale). Non è reversibile ai superstiti, infine, in presenza di ulteriori tipologie di previdenza assistenziale e obbligatoria, è riconosciuta in maniera ridotta. Fra i vincoli sanciti: la cessazione dell’attività lavorativa; la rinuncia ai trattamenti integrativi; l’abrogazione dagli albi professionali; l’eliminazione dagli iscritti di categoria;
  • la pensione di inabilità per i dipendenti pubblici, nel momento in cui viene acclarata un’assoluta e permanente inabilità a compiere ogni lavoro proficuo, non riconducibile a causa di servizio ai sensi dell’art. 13, Legge 274/91. Per tali categorie di lavoratori l’INPS riconosce una pensione senza porre paletti anagrafici, e con un anticipo minimo di 10 anni, rispetto ai trattamenti ordinari. Il requisito contributivo è indicato in 15 o 20 anni.  

Gli individui a cui è riconosciuta l’invalidità al lavoro con un grado minimo dell’80 per cento, e i titolari di invalidità pensionabile, regolarmente iscritti alle liste dell’Assicurazione obbligatoria o fondi, hanno la facoltà di avanzare la domanda della pensione di vecchiaia anticipando di un decennio il requisito legato all’età pensionabile. Chi è iscritto presso le gestioni dei dipendenti pubblici non ha diritto di attingere a tali agevolazioni. Per l’anticipo pensionistico occorre il compimento:

  • dei 61 anni di età anagrafica per gli uomini, con una finestra mobile di 12 mesi;
  • dei 56 anni di età anagrafica per le donne , con una finestra mobile di 12 mesi. 

Anche qui, nel caso delle donne, è possibile accedere alla pensione con un anticipo di 10 anni. 

Non vedenti

I lavoratori non vedenti, con una cecità assoluta o un residuo visivo sotto l’1/10, riconducibile a un tempo precedente all’inizio dell’attività professionale, possono inoltrare la domanda per la pensione di vecchiaia, premessi determinati requisiti, tra cui:

  • 56 anni di età e un minimo contributivo di almeno 10 anni per gli uomini;
  • 51 anni di età e un minimo contributivo di 10 anni per le donne. 

Per entrambi è prevista una finestra mobile di 12 mesi e l’accesso è richiedibile sino alla data del 31 dicembre 2022. Qui addirittura l’anticipo supera il decennio. 

Se la perdita della vista avviene subito dopo aver iniziato l’attività, ovvero nell’arco temporale che intercorre tra il primo pagamento dei contributi assistenziali e obbligatori all’INPS, è possibile presentare l’istanza per la pensione di vecchiaia con un minimo di 10 anni di anzianità contributiva. Se inferiore fanno fede i riferimenti legislativi stabiliti per l’accesso alla pensione di vecchiaia per invalidi. 

RITA

Infine, una prestazione complementare scarsamente utilizzata è la c.d. RITA, acronimo di Rendita Integrativa Temporanea Anticipata. Gli iscritti al fondo pensione complementare, in presenza di determinati requisiti, possono presentare la richiesta di questa forma previdenziale, che consente uno scivolo anticipato di 10 anni, senza necessariamente attendere il perfezionamento dei requisiti occorrenti per la pensione di vecchiaia.

La RITA viene liquidata a titolo temporaneo, partendo dalla data di cessazione dell’attività lavorativa, e fino al conseguimento del requisito anagrafico imposto per attingere alla pensione di vecchiaia.