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In pensione nel 2023 con le due misure ordinarie ma come?

La riforma delle pensioni nel 2024, ecco 2 misure probabili

La riforma delle pensioni nel 2024 dovrebbe partire da quota 41 per tutti e forse da una misura flessibile.

Nel 2024 il sistema previdenziale dovrebbe essere corretto e riformato. La legge Fornero deve essere superata come tutti pretendono. E molti lavoratori dovranno necessariamente andare in pensione prima. Anche perché la legge Fornero ha portato ad un netto inasprimento delle regole di accesso alle pensioni. Che hanno toccato l’apice con la regola che vuole il requisito dell’importo della pensione utile per accedere perfino alla pensione di vecchiaia ordinaria. Nemmeno i 67 anni a volte bastano per la pensione oggi. Ecco quindi che si pensa al futuro. Tra strade strette e margini di manovra altrettanto ristretti, ecco le due misure che secondo molti dovrebbero servire per riformare il sistema.

Pensioni senza limiti di età? ecco come fare dal 2024

Al momento parliamo solo di ipotesi e di progetti. Ma se c’è una misura che più di altre sembra calzare a pennello e avere più possibilità di entrare nel sistema, c’è la quota 41 per tutti. La misura che Lega e sindacati da tempo propongono, consentirebbe di lasciare il lavoro senza limiti di età come oggi funziona la pensione anticipata ordinaria o come funzionava la vecchia pensione di anzianità. Dal 2024 tutti i lavoratori potrebbero lasciare il servizio nel momento in cui raggiungono i 41 anni di contributi. A prescindere dall’età ma sempre con almeno 35 anni di contributi effettivi.

Pensioni flessibili? ecco la soluzione

Andare in pensione nel 2024 però potrebbe non fermarsi solo alla quota 41 per tutti. Certo, questa misura è importante perché permette di lasciare il lavoro senza limiti anagrafici. Ma chi non ha carriere lunghe potrebbe godere di un altro vantaggio. Potrebbe infatti essere introdotta una misura di pensionamento flessibile, che permette il pensionamento con 20 anni di contributi versati e forse, 62 o 63 anni di età. La flessibilità quindi, che deve necessariamente avere dei canali di penalizzazione, altrimenti niente flessibilità. Taglio lineare di assegno, magari imponendo la perdita del 2,5% o del 3% per ogni anno di anticipo. O portando al ricalcolo contributivo chi opta per la misura flessibile.